L’obesità è la condizione medica
generale più comunemente osservata nei pazienti con disturbi dell’alimentazione.
Questa comorbidità è comune nelle persone affette da disturbo da alimentazione incontrollata
(binge-eating disorder, BED), ma occasionalmente si osserva anche in quelle che
soffrono di bulimia nervosa.
L’obesità può precedere la comparsa del disturbo
dell’alimentazione o essere la conseguenza degli episodi bulimici. I disturbi
dell’alimentazione e l’obesità, quando coesistono, tendono a interagire
negativamente tra loro e a rendere più difficile il trattamento.
L’obesità può
rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo di un disturbo
dell’alimentazione attraverso almeno tre differenti meccanismi.
1. Il primo è
rappresentato dalla restrizione dietetica, a cui le persone obese si
sottopongono nel tentativo di ridurre il peso in eccesso. Lo stare a dieta e la
conseguente restrizione calorica cronica, infatti, possono avere un effetto
destabilizzante sull’umore, che porta a irritabilità, ansia e depressione. Pertanto,
possono verificarsi abbuffate alimentari nel tentativo di alleviare, con la
gratificazione correlata all’ingestione di cibo, gli stati d’animo legati alla
deprivazione calorica.
2. In secondo luogo, le persone con obesità sono oggetto di
pregiudizi sociali, anche perché ritenute responsabili della loro condizione, e
possono subire varie forme di discriminazione. Questa stigmatizzazione sociale
ha un impatto negativo sulla loro autostima, generando sentimenti di colpa e di
vergogna, che possono favorire l’acquisizione di un’immagine corporea negativa
e rinforzare i comportamenti di restrizione alimentare, nel futile tentativo di
modificare il peso e la forma del proprio corpo, generando in alcuni casi un
disturbo dell’alimentazione.
3. Infine, è stato ampiamente dimostrato che
l’attività fisica non solo ha effetti benefici sulla riduzione del peso
corporeo, ma aumenta l’autostima e allevia la depressione e l’ansia. Pertanto,
lo stile di vita sedentario tipico delle persone con obesità è un fattore che
favorisce l’insorgenza di stati d’umore disforici che possono portare alle
abbuffate.
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