.. Prima di parlare, nei prossimi post, di celiachia da un punto di vista strettamente nutrizionale ecco alcuni cenni in merito a definizione, diagnosi e sintomi..
La celiachia è
conosciuta da moltissimo tempo, probabilmente già dall’epoca dell’antica
Grecia, ma solo a metà del ventesimo secolo fu chiarito che era l’introduzione
di glutine a determinare i sintomi e solo dopo il 1980 è stato possibile approfondire
vari aspetti della malattia grazie a numerosi studi compiuti in tutto il mondo.
La celiachia era
considerata in passato una malattia relativamente rara, che colpiva i bambini
con chiare manifestazioni intestinali legate al malassorbimento (diarrea
cronica, rallentamento della crescita, malnutrizione).
La biopsia
intestinale era l’unico mezzo a disposizione per la diagnosi.
Nell’ arco degli
ultimi 10 anni lo sviluppo di tecniche diagnostiche semplici, poco costose e
soprattutto poco invasive ha permesso di confermare la reale frequenza di
malattia, ovunque nel mondo, che risulta molto più elevata di quanto non si
pensasse e con sintomi anche diversi da quelli ritenuti tipici e più frequenti.
Attualmente sappiamo
che la prevalenza della celiachia è di 1 persona su 100 e soprattutto che non
tutti i soggetti celiaci sono riconosciuti a causa della variabilità clinica
della malattia.
In Italia ad oggi si
ritiene che i soggetti celiaci siano circa 600.000, ma solamente 170.000 sono
stati diagnosticati. (dati del Ministero della Salute 2014).
Cos’è:
La celiachia è
un’intolleranza permanente ad una frazione proteica presente in alcuni tipi di
cereali: la componente problematica è ilglutine, ma la
tossicità specifica è legata alle frazioni alcol-solubili del glutine (nello
specificogliadinanel frumento,ordeinanell’orzo,secalinanella segale). Si tratta di unapatologia
autoimmune geneticamente determinata: ciò vuol dire che le persone
che manifestano un determinato pattern genetico sono predisposte a sviluppare
la patologia, inoltre “autoimmune” significa che di fatto il corpo non
riconosce una sostanza che gli dovrebbe essere famigliare (il glutine), e
produce anticorpi per combatterla, proprio come se fosse un agente patogeno.
Cosa provoca:
L’ingestione di glutine, anche in
minime quantità, nelle persone affette o predisposte, provoca un grave
danneggiamento della mucosa intestinale, con un conseguente inefficace
assorbimento dei nutrienti. Il malassorbimento può arrivare a determinare
alcune patologie e può essere particolarmente pericoloso nei bambini.
I sintomi:
La sintomatologia più
tipica è rappresentata da diarrea, calo di peso, astenia, gonfiore e dolore
addominale, vomito e, nei bambini, anche rallentamento o arresto della
crescita; tuttavia le manifestazioni intestinali non sempre sono presenti,
mentre sono frequenti i casi in cui si possono apprezzare le conseguenze del
malassorbimento (anemia, bassa statura, scarsa mineralizzazione ossea e dolori
scheletrici, manifestazioni cutanee e alterazioni endocrine).
Nel soggetto
geneticamente predisposto, adulto e bambino, l’ingestione di alimenti
contenenti glutine, anche se solo in piccola quantità, determina una reazione
immunitaria a livello intestinale dando origine a un’ infiammazione cronica
accompagnata da una sintomatologia variabile da caso a caso.
Nell’ultimo decennio
sono state trovate anchealtre
forme di celiachia, definite silenti, latenti o potenziali: queste forme
possono presentarsi con sintomi non strettamente gastrointestinali (dunque potrebbe
non esserci né dissenteria né calo ponderale), oppure addirittura senza sintomi
palesi. Nonostante le forme atipiche di celiachia non sempre diano
manifestazioni riconducibili a problemi di digestione del glutine, possono
compromettere lo stato di salute della persona allo stesso modo della celiachia
classica: sul lungo termine potrebbero presentarsi osteopenia, osteoporosi,
problemi neurologici, artrite, infertilità.
La diagnosi:
Capire se una persona
sia affetta da celiachia è al giorno d’oggi piuttosto semplice: essendo una
malattia autoimmune comportanecessariamentela secrezione di alcuni anticorpi
(antigliadina, antiendomisio, antitransglutaminasi), facilmente rilevabili con
unesame del sangue. Se
l’esito è positivo, si procede poi a confermare tramitebiopsia
duodenale.
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